LA RICERCA: LE BUGIE SUGLI OGM
Uno studio, condotto in segreto da un’équipe francese, dimostra la pericolosità del mais biotech della Monsanto.
È una vera e propria bomba. Scoppiata con il titolo di prima pagina del settimanale francese “Le Nouvel Observateur” decisamente chiaro. Oui, les Ogm sont de poisons! (“Sì, gli Ogm sono dei veleni”) ha sparato a tutta pagina la rivista di politica internazionale d’oltralpe. E da lì il tema è rimbalzato sui giornali di tutto il mondo, tranne che su quelli italiani.
La nostra stampa non ha dato spazio a una denuncia che ha a che fare con la scienza, i pericoli per i consumatori, lo strapotere delle multinazionali del transgenico. E che rischia di trasformarsi in uno scandalo europeo (al pari di quello della Bse che travolse le istituzioni comunitarie) smontando le verità ufficiali che da sempre spingono il Vecchio Continente ad autorizzare ogni nuova varietà transgenica con il rassicurante motto che “è uguale a quelle tradizionali”
A far deflagrare il castello di certezze, la ricerca curata per 6 anni in gran segreto da Gilles-Éric Séralini, docente di Biologia molecolare all’Università di Caen. Lo scienziato e il suo gruppo hanno dovuto importare in gran segreto i sacchi di mais Monsanto con cui preparare i croccantini per i 200 ratti che hanno fatto da cavie. E durante l’intero studio, per evitare il fuoco di sbarramento dei giganti del biotech, hanno criptatole loro e-mail e non hanno mai utilizzato il telefono per parlare della ricerca. Addirittura hanno lanciato uno studio esca per depistare le multinazionali delle sementi.
Un clima da film di spionaggio non del tutto ingiustificato, visti i risultati. Il professor Séralini li riassume così: “Dopo un anno di menu differenziati a base di mais Ogm era già un’ecatombetra i ratti, di una portata che non avrei mai immaginato”.
Una ecatombe
Difficile, dopo aver letto il contenuto della ricerca, non dar ragione allo scienziato. Le conclusioni hanno dimostrato come i topi nutriti con il mais Ogm Nk 603 resistente all’erbicida Roundup (entrambi prodotti Monsanto) abbiano cominciato a manifestare dal tredicesimo mese in poi patologie molto serie: soprattutto tumori alle ghiandole mammarie le femmine e danni ai reni e al fegato i maschi. E non in casi sporadici. L’incidenza è risultata fino a 4 volte superiore rispetto alle cavie nutrite con mais naturale nel caso dei tumori degli esemplari femminili e fino a 5 volte per le patologie nei maschi. Fabrizio Fabbri, direttore scientifico della Fondazione diritti genetici, spiega al Salvagente: “La ricerca è stata pubblicata, prima che su ‘Le Nouvel Observateur’, su ‘Food and Chemical Toxicology ’, un giornale di fama internazionale, che ha il suo panel di revisori, il che porta a prenderla sul serio, anche se questo non vuol dire che non possa essere messa in discussione. Passando al profilo metodologico, questi dati colmano lacune evidenti negli studi usati per la valutazione all’immissione al commercio degli Ogm”.
Europa in difficoltà
Oggi in Europa per ottenere le autorizzazioni basta portare studi eseguiti su un periodo di 90 giorni. Tre mesi su 24, che è la durata della vita media di un ratto. “Lo studio di Séralini, invece - aggiunge Fabbri - viene effettuato su tutto il periodo di vita del ratto, e quindi ha il vantaggio di fare emergere quelle patologie che richiedono tempo per esprimersi”. Le reazioni allo studio non si sono fatte attendere. José Bové, attivista francese anti-Ogm, ha chiesto il ritiro di quel tipo di mais dalla commercializzazione. In Italia, anche Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, si è schierato: “Alla luce della ricerca francese secondo la quale ci sono prodotti Ogm autorizzati risultati tossici per gli animali e forse per l’uomo, il rilascio delle autorizzazioni alla semina va immediatamente sospeso a ogni livello e in tutta Europa e va vietata l’importazione di prodotti transgenici”.
Gli occhi dei consumatori europei sono puntati ora sull’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare che ha sede a Parma. Il portavoce del commissario Ue alla Salute John Dalli ha dichiarato: “Sicuramente lo sottoporremo all’esame dell’Agenzia per la sicurezza alimentare per trarne eventuali conseguenze’’. Ma sono davvero in pochi ad attendersi clamorosi ripensamenti da parte dell’Authority alimentare. Per Fabrizio Fabbri questo non basta a dissolvere i timori: “L’Efsa non ha mai detto un solo no rispetto alle autorizzazioni per gli Ogm, neppure quando l’industria ha tenuto nascosta una ricerca che portava risultati sfavorevoli agli organismi geneticamente modificati”. I reali rischi per gli esseri umani derivanti dal mais Nk 603 sono a oggi indecifrabili. Va chiarito che il mais oggetto della ricerca non può essere coltivato in Europa (al contrario del Mon810), ma viene liberamente commercializzato, soprattutto come mangime per animali.
“In Europa non ci sono prodotti per l’alimentazione umana che indicano in etichetta un contenuto Ogm, obbligatorio solo nel caso di una presenza superiore all’1% degli ingredienti. Dunque se questo mais è presente lo è comunque sotto questa soglia”, spiega Fabbri. E aggiunge: “Sulla possibilità che gli effetti dell’ingestione di prodotti Ogm da parte di animali che poi finiscono nella catena alimentare umana possano riguardare anche l’uomo, ci sono dati controversi. Appunto per questo andrebbe applicato un principio di precauzioneche oggi viene messo in secondo piano rispetto all’esigenza di immissione nel mercato di nuovi Ogm”.
SOTTO ACCUSA L'EFSA E LA BENEVOLENZA SOSPETTA SUL BIOTECH
L’ultimo studio sugli Ogm porta in molti a puntare ancora una volta il dito contro l’Efsa. L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare creata nel 2002 viene costantemente messa sotto accusa per la scarsa capacità di prevenzione e in alcuni casi per polemiche sulla presunta mancanza di reale indipendenza. L’Efsa ha il compito di fornire, in stretta collaborazione con le autorità nazionali e in aperta consultazione con le parti interessate, consulenza gratuita indipendente e una comunicazione chiara sui rischi esistenti o emergenti.
L’ultimo scandalo che la riguarda era stato sollevato nel 2010 da José Bové, europarlamentare del gruppo Verdi-Ale, icona del movimento no global, che aveva denunciato: “L’Efsa è infiltrata da Ilsi, la più grande lobby alimentare del pianeta che contiene le 400 più grandi aziende nella catena alimentare (tra cui Monsanto, Cargill, Nestlé, Bayer, Basf, Coca-Cola)”. Bové faceva riferimento alla presidente del consiglio di amministrazione dell’Efsa, Diana Bánáti, che aveva mentitosul suo ruolo dentro l’Ilsi (era nel Cda). Solo a maggio del 2012, il conflitto d’interessi si è sciolto, la Bánáti si è dimessa per saltare completamente il fosso e assumere un incarico professionale presso l’Ilsi.
Non era la prima volta che l’indipendenza dell’Efsa veniva messa in discussione. Uno studio di Friends of the Earth nel 2004 aveva già dimostrato come più di un esperto dell’Agenzia europea, incaricato di regolamentare gli Ogm, avesse legami con l’industria del settore. È di gennaio 2010, poi, la notizia che la direttrice Suzy Reckens lavorava per la multinazionale biotech Syngenta ancora prima di lasciare l’incarico all’Efsa.
L’altra accusa all’Efsa riguarda il fatto che i suoi pareri si basino quasi esclusivamente sulla documentazione delle multi nazionali. L’Efsa non prende in considerazioni ricerche indipendenti né la possibilità di basarsi su proprie analisi. E già nel dicembre 2008 il Consiglio dei ministri dell’Ambiente europeo aveva chiesto unanimemente di rivedere queste modalità operative. Nel 2009 - ecco un altro esempio - l’Agenzia ha raddoppiato la soglia consigliata di aflatossine, probabilmente sotto la pressione di paesi esportatori di nocciole come la Turchia, dove il livello medio di queste tossine è più alto. Eppure in molti, anche il nostro Istituto superiore di sanità, avevano ritenuto pericolose queste sostanze.
SIAMO TUTTE CAVIE DEGLI INTERESSI DEI BIG
Pubblicata sulla rivista scientifica americana americana “Food and Chemical Toxicology”, e anticipata dal settimanale francese “Le Nouvel Observateur”, la ricerca di Gilles-Éric Séralini, professore di Biologia molecolare all’Università di Caen, espone risultati senza dubbio preoccupanti. Iniziato nel 2006, in gran segreto, per evitare sabotaggi da parte delle multinazionali biotech, lo studio si è concluso nel 2011. I gruppi di ratti sono stati nutriti con il mais Ogm della Monsanto Nk 603, trattato con il Roundup, l’erbicida della stessa multinazionale, oppure con un’acqua contenente piccolissime dosi dell’erbicida presente nei campi Ogm. Al tredicesimo mese dell’esperimento le cavie hanno mostrato l’insorgenza di molte patologie. Tra le femmine, tumori mammari anche molto grossi; tra i maschi, anomalie al fegato e ai reni. L’incidenza risulta da 2 a 5 volte maggiore rispetto ai roditori nutriti con mais non Ogm.
All’inizio del 24esimo mese, cioè alla fine del loro ciclo vitale abituale, dal 50 all’80% delle femmine di cavie alimentate con Ogm erano malate, contro il 30% delle cavie alimentate con cibo non Ogm. Inoltre, i tumori si sono sviluppati più velocemente nei ratti alimentati con Ogm: venti mesi prima nei maschi, tre mesi prima nelle femmine. Lo studio è costato 3,2 milioni di euro, pagati da un’associazione privata creata appositamente, alla quale hanno partecipato anche i giganti della Gdo, Auchan e Carrefour. Séralini ne divulgherà gli esiti in un libro in uscita in questi giorni, “Tous cobayes!” (“Tutte cavie!”), edizioni Flammarion.
Di Lorenzo Misuraca, estratti dalla rivista "Il Salvagente", 27 de settembro- 4 ottobre 2012. Compilati, digitati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.
È una vera e propria bomba. Scoppiata con il titolo di prima pagina del settimanale francese “Le Nouvel Observateur” decisamente chiaro. Oui, les Ogm sont de poisons! (“Sì, gli Ogm sono dei veleni”) ha sparato a tutta pagina la rivista di politica internazionale d’oltralpe. E da lì il tema è rimbalzato sui giornali di tutto il mondo, tranne che su quelli italiani.
La nostra stampa non ha dato spazio a una denuncia che ha a che fare con la scienza, i pericoli per i consumatori, lo strapotere delle multinazionali del transgenico. E che rischia di trasformarsi in uno scandalo europeo (al pari di quello della Bse che travolse le istituzioni comunitarie) smontando le verità ufficiali che da sempre spingono il Vecchio Continente ad autorizzare ogni nuova varietà transgenica con il rassicurante motto che “è uguale a quelle tradizionali”
A far deflagrare il castello di certezze, la ricerca curata per 6 anni in gran segreto da Gilles-Éric Séralini, docente di Biologia molecolare all’Università di Caen. Lo scienziato e il suo gruppo hanno dovuto importare in gran segreto i sacchi di mais Monsanto con cui preparare i croccantini per i 200 ratti che hanno fatto da cavie. E durante l’intero studio, per evitare il fuoco di sbarramento dei giganti del biotech, hanno criptatole loro e-mail e non hanno mai utilizzato il telefono per parlare della ricerca. Addirittura hanno lanciato uno studio esca per depistare le multinazionali delle sementi.
Un clima da film di spionaggio non del tutto ingiustificato, visti i risultati. Il professor Séralini li riassume così: “Dopo un anno di menu differenziati a base di mais Ogm era già un’ecatombetra i ratti, di una portata che non avrei mai immaginato”.
Una ecatombe
Difficile, dopo aver letto il contenuto della ricerca, non dar ragione allo scienziato. Le conclusioni hanno dimostrato come i topi nutriti con il mais Ogm Nk 603 resistente all’erbicida Roundup (entrambi prodotti Monsanto) abbiano cominciato a manifestare dal tredicesimo mese in poi patologie molto serie: soprattutto tumori alle ghiandole mammarie le femmine e danni ai reni e al fegato i maschi. E non in casi sporadici. L’incidenza è risultata fino a 4 volte superiore rispetto alle cavie nutrite con mais naturale nel caso dei tumori degli esemplari femminili e fino a 5 volte per le patologie nei maschi. Fabrizio Fabbri, direttore scientifico della Fondazione diritti genetici, spiega al Salvagente: “La ricerca è stata pubblicata, prima che su ‘Le Nouvel Observateur’, su ‘Food and Chemical Toxicology ’, un giornale di fama internazionale, che ha il suo panel di revisori, il che porta a prenderla sul serio, anche se questo non vuol dire che non possa essere messa in discussione. Passando al profilo metodologico, questi dati colmano lacune evidenti negli studi usati per la valutazione all’immissione al commercio degli Ogm”.
Europa in difficoltà
Oggi in Europa per ottenere le autorizzazioni basta portare studi eseguiti su un periodo di 90 giorni. Tre mesi su 24, che è la durata della vita media di un ratto. “Lo studio di Séralini, invece - aggiunge Fabbri - viene effettuato su tutto il periodo di vita del ratto, e quindi ha il vantaggio di fare emergere quelle patologie che richiedono tempo per esprimersi”. Le reazioni allo studio non si sono fatte attendere. José Bové, attivista francese anti-Ogm, ha chiesto il ritiro di quel tipo di mais dalla commercializzazione. In Italia, anche Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, si è schierato: “Alla luce della ricerca francese secondo la quale ci sono prodotti Ogm autorizzati risultati tossici per gli animali e forse per l’uomo, il rilascio delle autorizzazioni alla semina va immediatamente sospeso a ogni livello e in tutta Europa e va vietata l’importazione di prodotti transgenici”.
Gli occhi dei consumatori europei sono puntati ora sull’Efsa, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare che ha sede a Parma. Il portavoce del commissario Ue alla Salute John Dalli ha dichiarato: “Sicuramente lo sottoporremo all’esame dell’Agenzia per la sicurezza alimentare per trarne eventuali conseguenze’’. Ma sono davvero in pochi ad attendersi clamorosi ripensamenti da parte dell’Authority alimentare. Per Fabrizio Fabbri questo non basta a dissolvere i timori: “L’Efsa non ha mai detto un solo no rispetto alle autorizzazioni per gli Ogm, neppure quando l’industria ha tenuto nascosta una ricerca che portava risultati sfavorevoli agli organismi geneticamente modificati”. I reali rischi per gli esseri umani derivanti dal mais Nk 603 sono a oggi indecifrabili. Va chiarito che il mais oggetto della ricerca non può essere coltivato in Europa (al contrario del Mon810), ma viene liberamente commercializzato, soprattutto come mangime per animali.
“In Europa non ci sono prodotti per l’alimentazione umana che indicano in etichetta un contenuto Ogm, obbligatorio solo nel caso di una presenza superiore all’1% degli ingredienti. Dunque se questo mais è presente lo è comunque sotto questa soglia”, spiega Fabbri. E aggiunge: “Sulla possibilità che gli effetti dell’ingestione di prodotti Ogm da parte di animali che poi finiscono nella catena alimentare umana possano riguardare anche l’uomo, ci sono dati controversi. Appunto per questo andrebbe applicato un principio di precauzioneche oggi viene messo in secondo piano rispetto all’esigenza di immissione nel mercato di nuovi Ogm”.
SOTTO ACCUSA L'EFSA E LA BENEVOLENZA SOSPETTA SUL BIOTECH
L’ultimo studio sugli Ogm porta in molti a puntare ancora una volta il dito contro l’Efsa. L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare creata nel 2002 viene costantemente messa sotto accusa per la scarsa capacità di prevenzione e in alcuni casi per polemiche sulla presunta mancanza di reale indipendenza. L’Efsa ha il compito di fornire, in stretta collaborazione con le autorità nazionali e in aperta consultazione con le parti interessate, consulenza gratuita indipendente e una comunicazione chiara sui rischi esistenti o emergenti.
L’ultimo scandalo che la riguarda era stato sollevato nel 2010 da José Bové, europarlamentare del gruppo Verdi-Ale, icona del movimento no global, che aveva denunciato: “L’Efsa è infiltrata da Ilsi, la più grande lobby alimentare del pianeta che contiene le 400 più grandi aziende nella catena alimentare (tra cui Monsanto, Cargill, Nestlé, Bayer, Basf, Coca-Cola)”. Bové faceva riferimento alla presidente del consiglio di amministrazione dell’Efsa, Diana Bánáti, che aveva mentitosul suo ruolo dentro l’Ilsi (era nel Cda). Solo a maggio del 2012, il conflitto d’interessi si è sciolto, la Bánáti si è dimessa per saltare completamente il fosso e assumere un incarico professionale presso l’Ilsi.
Non era la prima volta che l’indipendenza dell’Efsa veniva messa in discussione. Uno studio di Friends of the Earth nel 2004 aveva già dimostrato come più di un esperto dell’Agenzia europea, incaricato di regolamentare gli Ogm, avesse legami con l’industria del settore. È di gennaio 2010, poi, la notizia che la direttrice Suzy Reckens lavorava per la multinazionale biotech Syngenta ancora prima di lasciare l’incarico all’Efsa.
L’altra accusa all’Efsa riguarda il fatto che i suoi pareri si basino quasi esclusivamente sulla documentazione delle multi nazionali. L’Efsa non prende in considerazioni ricerche indipendenti né la possibilità di basarsi su proprie analisi. E già nel dicembre 2008 il Consiglio dei ministri dell’Ambiente europeo aveva chiesto unanimemente di rivedere queste modalità operative. Nel 2009 - ecco un altro esempio - l’Agenzia ha raddoppiato la soglia consigliata di aflatossine, probabilmente sotto la pressione di paesi esportatori di nocciole come la Turchia, dove il livello medio di queste tossine è più alto. Eppure in molti, anche il nostro Istituto superiore di sanità, avevano ritenuto pericolose queste sostanze.
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SIAMO TUTTE CAVIE DEGLI INTERESSI DEI BIG
Pubblicata sulla rivista scientifica americana americana “Food and Chemical Toxicology”, e anticipata dal settimanale francese “Le Nouvel Observateur”, la ricerca di Gilles-Éric Séralini, professore di Biologia molecolare all’Università di Caen, espone risultati senza dubbio preoccupanti. Iniziato nel 2006, in gran segreto, per evitare sabotaggi da parte delle multinazionali biotech, lo studio si è concluso nel 2011. I gruppi di ratti sono stati nutriti con il mais Ogm della Monsanto Nk 603, trattato con il Roundup, l’erbicida della stessa multinazionale, oppure con un’acqua contenente piccolissime dosi dell’erbicida presente nei campi Ogm. Al tredicesimo mese dell’esperimento le cavie hanno mostrato l’insorgenza di molte patologie. Tra le femmine, tumori mammari anche molto grossi; tra i maschi, anomalie al fegato e ai reni. L’incidenza risulta da 2 a 5 volte maggiore rispetto ai roditori nutriti con mais non Ogm.
All’inizio del 24esimo mese, cioè alla fine del loro ciclo vitale abituale, dal 50 all’80% delle femmine di cavie alimentate con Ogm erano malate, contro il 30% delle cavie alimentate con cibo non Ogm. Inoltre, i tumori si sono sviluppati più velocemente nei ratti alimentati con Ogm: venti mesi prima nei maschi, tre mesi prima nelle femmine. Lo studio è costato 3,2 milioni di euro, pagati da un’associazione privata creata appositamente, alla quale hanno partecipato anche i giganti della Gdo, Auchan e Carrefour. Séralini ne divulgherà gli esiti in un libro in uscita in questi giorni, “Tous cobayes!” (“Tutte cavie!”), edizioni Flammarion.
Di Lorenzo Misuraca, estratti dalla rivista "Il Salvagente", 27 de settembro- 4 ottobre 2012. Compilati, digitati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.
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