PERCHÉ SIAMO PIÙ ALLERGICI

Negli ultimi 20 anni i pazienti sono aumentati di oltre il 50%. I motivi? Eccessiva igiene, effetto serra e cattiva alimentazione.

I più sensibili starnutiscono già da gennaio, qualcuno comincia a febbraio, ma l'inferno vero per gli allergici inizia ora. Fra marzo e luglio, quando i più fortunati trascorrono i weekend fra pic-nic e scampagnate, fiori scono infatti molle delle piante che arrossano il naso, fanno prudere la pelle e la gola e lacrimare gli occhi. Chi non si è protetto nei mesi scorsi con i vaccini, che permettono di cavarsela abbastanza bene anche in mezzo ai prati, può ricorrere agli antistaminici, che alleviano i sintomi, ma possono dare sonnolenza e altri effetti collaterali (per questo, su dosi e modalità è bene consultare un medico). Gli altri, invece, possono provare a prevenire le allergie con abitudini e sti li di vita, consolandosi pensando che, per lo meno, sono in buona compagnia.

Riniti. 

Qualche mese fa, uno studio pubblicato su European Respiratory Journal ha stimato infatti che fra il 1991 e il 2010 gli italiani che soffrono di asma allergica sono passati dal 4,1 al 6,6% (+62%), e quelli con il raffreddore da fieno dal 16,8 al 25,8% (+53,6%), "Ma c'è di peggio» aggiunge Walter Canonica, direttore della clinica di malattie respiratorie e allergologia dell'Ospedale San Martino di Genova: «nell e fasce più giovani della popolazione, le riniti da pollini aumentano del 5% ogni anno e oggi colpiscono quasi un bambino su tre, fra i 6 e i 14 anni. Se si continua di questo passo, nel 2020 la metà degli italiani sarà allergica».

Il fenomeno, peraltro, non riguarda solo noi, perché incrementi si mili si registrano un po' in tutti i Paesi avanzati, senza che se ne sia scoperta davvero la causa. «In linea generale, il fenomeno è legato allo stile di vita occidentale» prosegue il medico: «prova ne sia che, prima della riunificazione del la Germania, le allergie erano poco diffuse all'Est, ma sono poi bastati pochi anni per allineare i tassi dei tedeschi orientali con quelli dei tedeschi dell'Ovest». È verosimile che a determinare la tendenza al rialzo contribuiscano in realtà una serie di fattori, sui quali la ricerca sta indagando. Individuarli è infatti il primo passo per parvi rimedio: già ora, quelli su cui si concentrano i sospetti possono essere "aggirati" con comportamenti che possono far stare un po' meglio chi è già al lergico, o ridurre il rischio di ammalarsi per chi non lo è.

Sensibili.

Un'ipotesi su cui si è di scusso a lungo mette in relazione le malattie allergiche con il contatto ridotto con batteri, virus e altri agenti che, più diffusi in natura che nelle abitazioni cittadine, avrebbero un effetto protettivo. L'idea è che se iJ sistema immunitario non è adeguatamente stimolato finisce per reagire contro elementi che, normalmente, non dovrebbero scatenare nessuna risposta, come i pollini. «L'infanzia è il periodo più sensibile, perché il sistema immunitario si sta ancora forman do» dice Canonica. «Ma anche gli adulti possono essere vittime di questo fenomeno».

Tossine.

L'"ipotesi igienica" - così come è stata chiamata - fu for mulata per la prima volta nel 1989 dall 'epidemiologo inglese David Strachan, che aveva osservato che nelle famiglie numerose le allergie sono meno frequenti. In seguito, altri studi hanno trovato che il raffreddore da fieno è più raro fra chi vive in contesti rurali e hanno ipo tizzato che ciò sia dovuto al contatto precoce con le endotossine, sostanze presenti sulla membrana di molti batteri (in particolare, quelli delle feci dei grandi animali da fattoria). Tirando le somme dei diversi studi, una riformulazione più recente dell'ipotesi igienica sostiene che a proteggere dalle allergie non siano batteri o virus particolari, ma, più in generale, il contatto con una molteplicità di fattori che stimolano in modo diverso il sistema immunitario.

È un fatto, per esempio, che i bambini che vanno presto all'asi lo hanno meno probabilità di sviluppare qualche forma allergica. E, secondo uno studio finlandese pubblicato lo scorso anno su Pnas, lo stesso vale per chi cresce in regioni più "selvagge", caratteriz zate da una maggiore biodiversità vegetale. «CosÌ, sempre più spesso, il consiglio dato ai genitori per ridurre il rischio di allergie nei figli è di favorire il contatto con i coetanei e far giocare i bambini all'aria aperta» conclude Canonica.

Cibi. 

Ma non basta. Nello stile di vita occidentale rientra a pieno titolo anche l'alimentazione, sempre più povera di frutta e verdura e più ricca di carne, anch 'essa accusata di favorire le allergie. A gennaio la rivista Thorax ha pubblicato parte dei risultati del grande studio internazionale Isaac, che da una ventina d'anni cerca proprio di capire perché queste malat tie stanno aumentando nel mondo. Analizzando gli stili di vita di 319.000 bambini e ragazzi di oltre so Paesi, i ricercatori hanno concluso che andare almeno tre volte alla settimana al fast food fa aumentare anche del 39% il rischio di avere crisi asmatiche gravi, e fa peggiorare i sintomi dei raffreddori allergici e degli eczemi.

Secondo gli autori, «l'effetto è legato alla presenza in questi cibi di grassi saturi, sodio e zuccheri, che favoriscono i processi infiammatori tipici del le allergie». Al contrario, frutta, verdura e pesce hanno un effetto protettivo, perché contengono sostanze che contrastano l'infiam mazione. Per Claudio Ortolani, direttore dell'Istituto allergologi co Lombardo di Cesano Boscone (Milano), il messaggio dello studio è chiaro: «Questi ri sul tati ci danno un motivo in più per dire no al cibo spazzatura e aumentare invece il consumo di alimenti che, come quelli indicati, possono contrastare i fas tidi delle allergie e fanno certamente bene anche alla linea e al sistema cardiovascolare».

Anidride carbonica.

Un altro elemento che potrebbe aver determinato !'incremento delle allergie negli ultimi decenni è in fi ne l'effetto serra. Infatti, l'anidride carbonica prodotta dall'uso dei combustibili fossili è anche l'"alimento base" delle piante, che crescono più rapidamente - e producono più polline - se la concentrazione di questo gas nell'atmosfera è maggiore.

Le conseguenze non sono di poco conto: nel 20I1 uno studio coordi nato da Annette Menzel, del Politecnico di Monaco, ha trovato che i pollini prodotti da una ventina di piante presenti in Europa, molte delle quali allergeniche, è cresciuto parallelamente all'incremento di CO2 registrato nell'atmosfera. E a questo fenomeno si aggiunge quello dovuto all'aumento della tempera tura media del pianeta, che fa sì che la stagione dei pollini duri più a lungo.

Tre mesi.

«Oggi, in Liguria, la parietaria fiorisce per tre mesi in più all'anno. Per gli allergici, sono 90 giorni di starnuti in più» spiega Waller Canonica. Non solo. «Le mutate condizioni ambientali, unite alla presenza nell 'aria di inquinanti di altro tipo, fan no sì che anche la qualità dei pollini sia cambiata» aggiunge Roberto Albertini, presidente dell'Associazione italiana di aerobiologia, una rete che coordina una cinquantina di stazioni che eseguono il monitoraggio dei pollini lungo la penisola. «È aumentata la concentrazione di sostanze allergeniche, e i pollini stessi sono più fragili e liberano più facilmente il loro contenuto, determinando quindi nell'aria un 'affluenza maggiore di molecole che possono scatenare crisi nei soggetti sensibili».

Bollettini.

Nessuna precauzione individuale può influenzare questo fenomeno. « Il consiglio allora è quello di esporsi meno possibile a situazioni di rischio, anche consultando i calendari e i bolletti ni del polline, dice Albertini. «I primi possono essere utili per programmare una vacanza, perché danno l'andamento generale stagionale; i secondi invece sono utili per decidere se andare in campagna nel weekend, perché indicano le condizioni presenti al momento, che possono essere influenzate da fattori meteorologici, come la pioggia o il vento».

Di Margherita Fronte, estratti dalla rivista "Focus", Gruner + Jahr/Mondadori Spa,Milano, numero 246, aprile, 2013. Compilati, digitati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.

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