I CARTONI DELLA PIZZA SONO VELENOSI?


“Un milione e trecentomila pizze al giorno escono dal forno, entrano in un astuccio di cartone, pronte per essere portate a casa. Vi restano per molti minuti, il tempo di essere trasportate a destinazione, e, una volta giunte, di essere mangiate nello stesso contenitore. Sempre che non finiscano nei forni di casa per essere riscaldate, sempre negli stessi cartoni, prima di finire in tavola. Un rito, un piacere collettivo per molte famiglie italiane ma, secondo quanto ha scoperto Il Salvagente, anche una fonte di pericolo alimentare non sottovalutabile”.

L’inchiesta giornalistica.

Così s’apre l’articolo pubblicato dal settimanale Il Salvagente nell’aprile 2006, che attraverso due studi specialistici rileva la presenza di sostanze indesiderabili per la salute umana nei cartoni per la pizza da asporto. Benzene, naftalene, ftalati, fenoli e Dibp. Sostanze che passerebbero dal cartone alla pizza attraverso il calore di quest’ultima, che deriverebbero – dicono gli esperti – da collanti e sbiancanti usati per far assomigliare la carta riciclata a quella vergine.

Secondo le analisi condotte nei Laboratori di Ricerche Analitiche Alimenti e Ambiente dell’Università degli studi di Milano, analizzando diversi contenitori di materiale cellulosico destinati al trasporto di pizza sarebbe stata identificata la presenza di una sostanza (il di-isobutilftalato) “in quantità altamente preponderante rispetto a tutti gli altri componenti della frazione volatile evidenziabile [...] già alla temperatura di 60 °C [...] simulante la condizione meno drastica di stoccaggio della pizza in fase di ‘home delivery’”. La direttiva 2004/14/Ce non contempla questa sostanza tra quelle ammesse per la fabbricazione di contenitori di cartone destinati a venire a contatto con gli alimenti.

In realtà, l’aggettivo “preponderante” si riferisce agli altri elementi volatili, tutti presenti in quantità pressoché imponderabili. Essendo questi elementi, appunto, volatili, essi si volatilizzano in breve tempo. Si tratta di sostanze onnipresenti nelle lavorazioni industriali, dagli interni dell’auto (in cui viviamo diverse ore al giorno) ai mobili della camera da letto. Non sono certo i cartoni della pizza a costituirne la prima fonte d’esposizione umana. Il fatto che si tratti di rilevazioni sporadiche conferma la relativa innocuità di quest’allarme. E soprattutto: nessun test è stato condotto... sulle pizze!

Di Stefano Carnazzi, estratti "100 Domande sul Cibo", Edizioni Ambiente, Milano, 2009.  Compilati e adattati per essere postato per Leopoldo Costa.

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